lunedì 25 novembre 2019

L'uomo è un ponte



Nella stanza di analisi la pratica, com'è noto, consiste nel ricreare attraverso il setting - la cornice imprescindibile che mette in scena nel qui ed ora la rappresentazione di sé dell'altro, del paziente, fornendogli le coordinate spazio-temporali dove poter far confluire i suoi vissuti e le sie memorie - quel meccanismo di decostruzione, traduzione, trasformazione e ricostruzione del senso per mezzo della funzione interpretativa, che si dispiega nella struttura dialogica dell'evento e nella reciprocità che si instaura tra analista e analizzando e che la sostiene.
La possibilità del cambiamento, dell'insight che ordina in una nuova gestalt una certa configurazione interna che attraversa i piani cognitivo, affettivo, emotivo, sensoriale, etc. …, deriva dalla congiunzione epifanica di elementi diversi, eterogenei, fino a quel momento lontani o dispersi, che vengono catturati e filtrati all'interno di quella matrice di significato, rappresentata appunto dal setting, dove è possibile focalizzare, ri-nominare e ri-sperimentare le cose della propria vita, o nominarle e sperimentarle per la prima volta. E tutto ciò alla presenza di un testimone, l'analista, che rimanda costantemente la cifra identitaria dell'altro-da-sé, e nel contempo promuove quell'avvicinamento necessario alla propria alterità in una continua dialettica giocata sulle note del riconoscimento-disconoscimento transferale di ciò che è proprio, di ciò che è dell'altro, di quanto ci appartiene, di quanto non ci appartiene più o non ci è mai appartenuto.
Più che costruzione di sé, tuttavia, il processo psicoanalitico si pone, per fini terapeutici non meno che conoscitivi, come decostruzione di una identità 'cristallizzata' nella nevrosi che, in quanto basata su rappresentazioni di sé disfunzionali e ripetitive, impedisce il raggiungimento di un più evoluto e maturo equilibrio tra identità ed alterità, che consentirebbe invece al soggetto una maggiore libertà esistenziale e di pensiero. L'equilibrio identitario, in altri termini, appare per sua natura instabile e precario e necessita per il suo buon funzionamento di un dinamismo che senza soluzione di continuità lo rapporti al polo dell'alterità interna ed esterna. Solo in questa compresenza è possibile il cambiamento del sé in senso evolutivo e lo sviluppo di una modalità esistentiva nel complesso centrata sull'inclusione piuttosto che sull'esclusione dell'Altro.
Possiamo quindi pensare alla psicoanalisi nei termini di una scienza della alterità – se di scienza si può parlare, oggi che le declinazioni della 'verità narrativa' e del post-costruttivismo hanno progressivamente spostato il baricentro psicoanalitico verso il piano ermeneutico, oppure se sia meglio considerarla al pari di una professione di fede in chiave laica – i cui cardini concettuali, da sempre, si sono primariamente articolati sul binomio identità/alterità e sul riconoscimento della funzione centrale di legame svolta dalla coscienza nel tentativo di una migliore integrazione possibile dei contenuti inconsci.
Il tema portante dell'identità e del suo rapporto con l'alterità si snoda infatti attraverso tutto il percorso della riflessione psicoanalitica, attraverso un sempre maggiore riconoscimento alla dimensione inconscia-Altra quale luogo depositario della autenticità profonda del soggetto.
Ed oggi la stessa psicoanalisi, in quanto scienza della alterità, o di frontiera, è sollecitata ad entrare in un rapporto di collaborazione sempre più stretto con le altre discipline confinanti, quali la filosofia, l'antropologia, la semiologia, le neuroscienze, per arricchire i propri paradigmi epistemici e consentire un allargamento ed approfondimento delle proprie ipotesi operative ed interpretative, poiché è proprio in questa area di intersezione tra diversi punti di vista sull'uomo che è possibile rinvenire nuove conoscenze e nuovi stimoli culturali.
Dal registro interno a quello esterno, infatti, la funzione psicoanalitica rimane intatta, in quanto alla base di qualsiasi processo conoscitivo si riscontra un rapporto e, se vogliamo, un incontro di identità tra loro diverse, nella accezione ampia del termine (quindi non solo soggettive, ma culturali, sociali, etc. …) all'interno di una peculiare esperienza emotiva. L'importanza di mantenere una tensione interna funzionale al confronto tra istanze diverse dell'essere, come tra un dentro e un fuori, viene ribadita anche da queste parole di J.P. Vernant, che si riallacciano alla cultura mitologica e ad una visione dell'umano in costante rapporto con le sue determinanti archetipiche:
"Passare un ponte, traversare un fiume, varcare una frontiera, è lasciare lo spazio intimo e familiare ove si è a casa propria per penetrare in un orizzonte differente, uno spazio estraneo incognito, ove si rischia - confrontati a ciò che è altro - di scoprirsi senza "luogo proprio", senza identità. Polarità dunque dello spazio umano, fatto di un dentro e di un fuori. Questo "dentro" rassicurante, turrito, stabile e questo "fuori" inquietante, aperto mobile, i Greci antichi lo hanno espresso sotto forma di una coppia di divinità unite e opposte. Hestia ed Hermes. Hestia è la dea del focolare, nel cuore della casa. Tanto Hestia è sedentaria, vigilante sugli esseri umani e le ricchezze che protegge, altrettanto Hermes è nomade, vagabondo: passa incessantemente da un luogo all'altro, incurante delle frontiere, delle chiusure, delle barriere. Maestro degli scambi, dei contatti, è il dio delle strade dove guida il viaggiatore, quanto Hestia mette al riparo tesori nei segreti penetrali delle case. Divinità che si oppongono e pure sono indissociabili. È infatti all'altare della dea che, secondo il rito, sono accolti, nutriti, ospitati gli stranieri venuti da lontano. Perché ci sia veramente un "dentro", bisogna che possa aprirsi su un "fuori", per accoglierlo in sé. Così ogni individuo umano deve assumere la parte di Hestia e di Hermes. Tra le rive del Medesimo e dell'Altro, l'uomo, infatti, è un ponte"(1).


(1) Da una conferenza tenuta dall'autore nel 1999 in occasione del 50° anniversario del Consiglio d'Europa.