lunedì 12 ottobre 2009

Achab, o della morte del Sé


Si parlava nel precedente articolo della difficoltà di superamento di profonde ferite, chiusure e asperità connesse ad un certo tipo di carattere, che a volte non permettono all'individuo di aprirsi al cambiamento, alla novità, alla possibilità dunque di una evoluzione psichica e spesso anche 'spirituale' della propria personalità. Un esempio letterario fra tutti, in cui tale chiusura si mostra nella sua forma estrema e si fa essenza stessa della persona, sua cifra esistenziale, unica 'ragione di vita' (e quindi 'di morte', ovviamente, come sapremo anche noi alla fine del romanzo di cui stiamo parlando).
Il personaggio in questione è quello di Achab, che Hermann Melville staglia nella solitudine accecante di una luce oscura, sulla scena di quell'affresco narrativo magistrale che è Moby Dick (o 'la balena bianca', nella tradizione letteraria, pubblicato nel 1851). A bordo del Pequod, che solca i sette mari a caccia di balene, Achab è il cinico e severo capitano che fa da contraltare all'altro personaggio principale del racconto, Ismael, un giovane mozzo al primo imbarco, che con le sue parole ci narra le dolorose vicende accadute alla nave e al suo equipaggio nell'ultimo, tragico incontro-scontro con la ineffabile balena bianca.
Achab ha giurato vendetta alla enorme e 'malvagia' balena, dall'inconfondibile manto latteo, che in un precedente episodio di caccia gli ha causato la perdita di una gamba, ma più ancora gli ha procurato una inguaribile ferita dell'anima, alla cui riparazione egli ha da allora consacrato la propria esistenza, secondo una primordiale legge del taglione. L'equipaggio è costretto dunque a seguire questa folle caccia del suo capitano, nel desiderio-timore di trovarsi finalmente di fronte la mostruosa creatura marina, che ha già distrutto innumerevoli lance e baleniere. Con lo scorrere delle pagine, mentre Achab è sempre più vicino al suo obiettivo, Ismael descrive la vita a bordo, la sua amicizia con l'indiano Queequeg, usi e costumi della vita marinara dell'epoca, ma in un crescendo di tensione per il finale che già si preannuncia tragico.
Negli ultimi capitoli Moby Dick viene infine avvistata; comincia l'inseguimento concitato con le lance che trasportano i marinai e Achab, alla loro testa, che li sprona fino allo stremo armato di arpione, assetato di sangue e di vendetta, che vede finalmente vicina. Raggiunta la preda, l'arpione viene scoccato e penetra nelle bianche carni della balena, che si contorce, salta, sbatte la coda e schianta le povere lance intorno a sé e minaccia finanche il veliero in una delle sue volute disperate, in un inferno di spruzzi d'acqua colorati di sangue. Ma Achab è rimasto impigliato nelle corde e la balena esausta ma invitta si inabissa portando con sé, come un macabro trofeo per l'abisso marino, il corpo del capitano, come crocifisso sul bianco dorso dell'animale, imprigionatovi per l'eternità dalle stesse corde del suo arpione...
Si potrebbe agevolmente scomporre l'universo simbolico creato da Melville in questo romanzo: il mare quale regno sconosciuto che alimenta le nostre paure, i 'mostri' che sfuggono all'intelligenza umana; la nave e l'equipaggio quali espressioni del 'consorzio umano' e di un microcosmo sociale (come anche, se vogliamo, di una 'gruppalità interna' alla psiche, di un insieme di personaggi-aspetti che costituiscono l'intero Sé della persona); la balena bianca quale simbolo di una realtà trascendente, del 'Male' e delle indecifrabili profondità del mondo; quindi il capitano Achab che con ostinata, spietata determinazione cerca di imprimere la sua volontà sulla natura, perseguendo l'obiettivo della sua vita, senza desiderare altro che il momento in cui la sua vendetta sarà realizzata e 'il Male' finalmente annientato.
Ma l'intuizione di Melville è profonda ed è resa con la maestria che solo un artista può avere, quando ci fa sapere che l'unico sopravvissuto al disastro è Ismael, il giovane mozzo (salvo perchè aggrappatosi alla bara dell'amico Queequeg, precedentemente morto, galleggiante sulle acque..), non a caso 'il più giovane' membro dell'intero equipaggio, che potrà così tornare alla vita, trasformato e cresciuto, e raccontare al mondo dell'immane ed eterno scontro tra Bene e Male.