venerdì 24 febbraio 2017

Fors'anche sognare...

“Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni e le nostre piccole vite sono circondate dal sonno.”
(W.Shakespeare, La Tempesta, atto IV)

“Somnio, ergo sum.”
(convinzione soggettiva dello scrivente)


Che rapporto abbiamo con i nostri sogni? Che importanza concediamo oggi – presi da una ipertrofia del quotidiano che sempre più ci appiattisce in modalità di rapporto 'orizzontali', stereotipate e modellate ormai su canali mediatici, con l'altro come anche con noi stessi – a quella cosiddetta 'attività onirica' che, nonostante l'abituale nostra incuria, incessantemente sembra riproporci, notte dopo notte, l'esigenza di un confronto con le dimensioni abissali della nostra psiche, che affonda le radici in quell'Onphalos irraggiungibile, che lo stesso Freud ipotizzava quale oscuro ed originario punto germinale del sogno?
Potremmo, sub specie onirica, delineare uno spartiacque fondamentale tra le persone, una loro primaria distinzione in senso tipologico. Esistono infatti 'in natura' persone che sognano, e che traggono dai loro sogni elementi di interesse, o di autoconoscenza, quando non di veri e propri segni, segnali, messaggi, comunicazioni insomma che provengono da una qualche parte di sé, così come persone che non sognano – almeno secondo la loro stessa esperienza (di veglia, ovviamente..) – e che considerano i sogni più che altro come bizarrie della mente e l'argomento di un loro eventuale senso ulteriore viene chiuso in partenza. Possiamo però sempre notare in entrambe le categorie almeno le tracce di una antica attività onirica, risalente solitamente al periodo infantile, di certi sogni che rimangono poi come scolpiti nel ricordo; attività che in seguito per alcuni ha continuato a crescere e svilupparsi col tempo (ci sono ad es. sognatori così abili che sembrano veri artisti nel rievocare dettagli e scenografie dei loro sogni), mentre per altri si è come gradualmente impoverita e infine quasi disseccata, finendo per convincerli di quanto sia inutile e dispendioso per le loro energie mentali il cercare di 'capirci qualcosa' ...
La questione non è, mi pare, di lana caprina. Poiché dalla maggiore o minore importanza che attribuiamo ai nostri sogni, così come in certi casi dal trascurarli in modo assoluto o dal ritenerli meramente superflui, consegue l'importanza che attribuiamo nella nostra vita al concetto ed all'esperienza stessa di Inconscio, al confronto che stabiliamo con esso, al modo in cui ne siamo vissuti attraverso e al di là dell'esperienza cosciente. Dare non solo uno spazio ai sogni, ma ospitarli con tutti gli onori favorisce inoltre una maggiore 'verticalizzazione' della nostra esperienza soggettiva collegandola allo psichismo profondo e quindi un più saldo senso di continuità ed identità, che sempre più latita nelle odierne esistenze frammentate e scandite dai ritmi ossessivi della pubblicità.
Chi si accosta, per desiderio o necessità, ad un percorso psicoterapeutico di tipo analitico, impara molto presto quanta attenzione ed impegno vengano in questa sede solitamente riservati ai sogni (a differenza da quanto accade in altri orientamenti psicoterapeutici che prediligono un lavoro centrato sulla modificazione di convinzioni e schemi mentali disfunzionali e di comportamenti) al punto di sentirsi spesso quasi 'in dovere' di produrne di sempre nuovi e di particolarmente significativi.
In realtà, è lo stesso processo analitico che una volta avviato sembra dinamicizzare e arricchire la dimensione onirica, anche in quei soggetti solitamente impermeabili ai sogni (o forse piuttosto al ricordo di essi), che così progressivamente sembrano recuperare uno spazio onirico – o anche in certi casi accedervi per la prima volta – attingendo ai materiali del loro passato, a fantasie semicoscienti o del tutto inconsce, ad elementi sparsi carichi di affettività ed emozioni che possono così essere riuniti in una struttura di significato ed espressi attraverso quella forma narrativa tipica del sogno fatta di simboli, allusioni, distorsioni, aggiunte, mancanze, etc...
Stabilito dunque che sognare sia pur sempre un'attività universale (checchè ne dicano i supposti non-sognatori!), quotidiana e 'democratica' , non possiamo non rilevare quale importanza il sogno abbia da sempre per gli uomini, fin dalle prime manifestazioni di civiltà organizzate intorno a modelli culturali. Le culture antiche anzi prevedevano un settore specifico della terapeutica medica interamente dedicato alla guarigione di corpo e anima attraverso i sogni.
Nell'antica Grecia, ad es., erano famosi gli asclepiei, i santuari dedicati ad Asclepio (Esculapio per i romani), dio della medicina, presso Epidauro, Pergamo e Coo, dove si praticavano trattamenti terapeutici basati su rituali e cerimoniali in cui il paziente veniva sottoposto ad una accurata preparazione e purificazione che prevedevano il digiuno e l'assunzione di acqua attinta da fonti sacre (probabilmente addizionata con sostanze allucinogene che favorivano stati oniroidi). In alcuni passaggi particolarmente significativi e suggestivi, il paziente beveva l'acqua della 'fonte dell'oblio' e poi della 'fonte del ricordo'; ma il momento centrale dell'intera cerimonia era rappresentato dalla 'incubatio', in cui il paziente, indossata una speciale veste ornata di strisce color porpora e una corona sul capo, veniva condotto in una camera sotterranea del tempio (l'abaton), le cui pareti erano solitamente coperte da iscrizioni che descrivevano precedenti guarigioni e miracoli avvenuti nel luogo e lì, in una condizione di relativa deprivazione sensoriale, al buio e nel silenzio, trascorreva la notte disteso sul kline, un divanetto che rendeva più comoda la sua permanenza (unica concessione 'moderna' della successiva cultura tardo-greca, poiché nei tempi arcaici, prima che fossero costruiti i templi, la incubatio veniva praticata in luoghi naturali, solitamente caverne sacre, e il malato giaceva direttamente sulla nuda terra). Accadeva così che durante il sonno il paziente avesse particolari visioni, apparizioni, oracoli, oppure incubi, o più in generale sogni, che costituivano per lui una infallibile indicazione terapeutica in risposta alle proprie problematiche psichiche o fisiche, aiutato in ciò dai sacerdoti del tempio, che il giorno seguente ponevano il paziente sulla 'sedia della memoria', perchè potesse riferire ciò che aveva visto in sogno...
Duemilacinquecento anni dopo gli psicoterapeuti continuano a chiedere ai propri pazienti (e a sé stessi), distesi sul lettino o seduti in poltrone, cosa abbiano sognato nelle notti precedenti, e discorrono ampiamente e approfonditamente su di essi, forse per ribadire che c'è pur sempre un filo, invisibilmente sottile ma tenace, che lega passato e presente e che ci lega anche gli uni agli altri.


(Nel riquadro, mosaico raffigurante Ippocrate, sul pavimento dell'asclepieion di Kos, con Asclepio al centro).

(Reminder giugno 2010)