mercoledì 23 settembre 2009

Ethos anthropoi daimon


Solitamente queste parole attribuite ad Eraclito sono tradotte con 'il carattere di un uomo è il suo destino' (se traduciamo il termine 'daimon' appunto come 'carattere', piuttosto che 'genio personale' o 'démone' nel senso della psicologia archetipica) a significare che è il carattere di una persona a determinarne più di ogni altra cosa il suo futuro e la qualità della sua esistenza, al di là degli eventi più o meno favorevoli che gli possono accadere, delle infinite pieghe del caso e dell'influsso costante dell'ambiente fisico e psichico in cui è immersa. La teologia cattolica identifica nel carattere quel segno indelebile impresso nell'anima ad opera del battesimo e di altri sacramenti e per esteso il complesso delle qualità spirituali di un individuo. La psicologia vi scorge l'insieme delle disposizioni psichiche e dei modi tipici di un individuo di reagire e comportarsi; 'caratteriali' è il termine, oggi un po' desueto in verità, usato in psicopatologia per indicare quei soggetti che rispondono in genere a qualsiasi input in un modo eccessivamente rigido, tale da sconfinare spesso in un agito comportamentale reattivo.
Possiamo quindi paragonare il carattere allo 'stile' di una persona, al modo abituale in cui risponde alle sollecitazioni interne ed esterne, a quella 'coerenza' personale che la contraddistingue nel suo modo di agire e di pensare. Il concetto di carattere si riferisce pertanto alle strutture profonde della personalità, quelle che sono solitamente più resistenti al cambiamento.
L'idea eraclitea – giusta la corrente interpretazione di quella famosa frase – è quindi che le nostre vite siano in ultima analisi determinate da 'come siamo fatti intimamente', che la nostra realizzazione individuale dipenda da questa nostra originaria strutturazione della personalità – come un nocciolo duro al fondo delle 'sovrastrutture' sociali e culturali che assorbiamo nel tempo – e dalle dinamiche che si sprigionano intorno a questo nucleo caldo che reagisce alle variazioni del mondo circostante.
Nella storia della psicoanalisi, particolarmente vicino a tali tematiche fu Wilhelm Reich che, insoddisfatto dei metodi canonici che allora si usavano per analizzare le resistenze, agli inizi degli anni ‘30 elaborò una nuova procedura che chiamò "analisi del carattere" e che segnò di fatto un notevole arricchimento per la teoria psicoanalitica. In psicoterapia è oggi sempre più riconosciuto come il carattere di una persona sia un elemento centrale nella considerazione delle sue effettive capacità trasformative e per l'espressione delle sue potenzialità di crescita e di evoluzione psichica.
E a considerare certi percorsi psicoterapeutici di pazienti coi quali condividiamo, in qualità di 'compagni di viaggio', un più o meno lungo tratto di strada, viene in effetti da riconoscere quanto sia vera l'affermazione eraclitea. Certe particolari difficoltà, certi 'blocchi' granitici su cui si impegnano strenue difese contro un qualsiasi cambiamento e si moltiplicano le resistenze interiori al processo terapeutico, sono inquadrabili appunto in una 'economia caratteriale' deficitaria o altamente conflittuale, che può arrivare a pregiudicare l'esito di una terapia per l'impossibilità di modificare una intima rigidità, intesa in senso ampio, psicofisico, come atteggiamento quasi 'reattivo-posturale' nei confronti del mondo esterno e in senso psicologico quale visione cristallizzata del proprio essere e del proprio futuro. Una sorta di incapacità di immaginare possibili diversi scenari in cui declinare la propria vicenda esistenziale.
Se dunque il carattere ci fornisce quell'impronta indelebile che ci distingue da qualsiasi altro, consentendoci di esprimerci in sintonia con noi stessi rassicurati dalla autopercezione di una identità indissolubile, esso può divenire anche un troppo rigido assetto mentale, un' eccessiva affermazione di alcuni singoli 'tratti' all'interno di un insieme sfaccettato e multiforme, che ci impedisce di fatto di crescere al passo con le esperienze che quotidianamente viviamo e di aprirci al cambiamento e al nuovo in noi e fuori di noi.

F.Maddalena