sabato 6 giugno 2015

Dioniso sul lettino analitico


Il brano presente è un estratto dal saggio breve in quattro parti: "Sulla Villa dei Misteri", di prossima pubblicazione in versione integrale nella sezione "Scritti" del sito www.fernandomaddalena.it



...Che Dioniso sia un dio particolarmente in sintonia con il discorso della psicoanalisi appare subito evidente. La sua doppiezza, la sua ambiguità, il radicamento nella matrice ctonia-sotterranea e l'indole fremente e instabile lo designano di diritto ad incarnare la dimensione dell'Inconscio in tutta la sua ricchezza, mobilità e profondità. Ma è soprattutto il discorso della follia e della cura, che rappresenta l'aspetto saliente del campo semantico del dionisiaco: la natura regressiva delle pratiche cultuali, che liberano aspetti istintuali e consentono l'exstasis, l'uscire fuori di sé, producono la catarsi del soggetto e la conoscenza di aspetti di sé “inferi” e notturni, che non trovano posto nella diurna personalità cosciente...Sembra proprio di stare in una stanza di analisi!
Quando Freud concepì L'Io e l'Es (1922) aveva certamente ben chiara la nozione nietzschiana della fertile opposizione tra dionisiaco ed apollineo e come la dinamica conflittuale tra queste due polarità potesse prestarsi in modo ottimale per descrivere lo scenario profondo della psiche umana, caratterizzata dall'inestinguibilità delle pulsioni e dalla esigenza di dare loro espressione e riconoscimento ed una forma “civile”, che trovassero così una possibile cittadinanza nell'ambito del consorzio umano.
Basta leggere una delle ultime descrizioni che Freud fornisce dell'Es per evocare l'immagine del dio: “All’Es ci avviciniamo con paragoni: lo chiamiamo un caos. Un crogiolo di eccitamenti ribollenti. Ce lo rappresentiamo come aperto alle estremità verso il somatico, da cui accoglie i bisogni pulsionali, i quali trovano dunque nell’Es la loro espressione psichica, non sappiamo però in quale substrato. Attingendo alle pulsioni, l’Es si riempe di energia, ma non possiede un’organizzazione, non esprime una volontà unitaria, ma solo lo sforzo di ottenere soddisfacimento per i bisogni pulsionali nell’osservanza del principio di piacere. Le leggi del pensiero logico non valgono per i processi dell’Es, soprattutto non vale il principio di contraddizione. Impulsi contrari sussistono uno accanto all’altro, senza annullarsi o diminuirsi a vicenda; tutt’al più, sotto la dominante costrizione economica di scaricare energia, convergono in formazioni di compromesso, non conosce né giudizi di valore, né il bene e il male, né la moralità. Il fattore economico o, se volete, quantitativo, strettamente connesso al principio di piacere, domina ivi tutti i processi. Investimenti pulsionali che esigono la scarica: a parer nostro nell’Es non c’è altro.”
Non possiamo dubitare che l'Es freudiano (come allo stesso modo l'inconscio junghiano) stia quindi alludendo proprio ad una certa dimensione, o funzione, della mente umana che le culture antiche esprimevano in termini variopinti e altamente simbolici (anche, diremmo, per esigenze di ..copione! - vista la stretta parentela, come sappiamo, di Dioniso con il teatro). Dioniso appartiene dunque, come l'inconscio, alla categoria dell'Altro e dell'alterità costitutiva dell'individuo.Il suo agire si impone e costringe ad una accettazione e integrazione di aspetti esclusi dal proprio Sè, poiché se la sua presenza si annuncia attraverso il turbamento e lo scompiglio di un ordine stabilito, più in profondità la sua è una azione che ristabilisce un più giusto e necessario equilibrio tra le parti. Quella dionisiaca è dunque una sapienza speciale, figlia della notte, che trova la sua più profonda e vera natura nel riferimento ad una pluralità irriducibile ed indifferenziata, con le sue ambiguità e contraddizioni, lontana cioè dalla coscienza apollinea e solare dell'Io e dalle sue nette distinzioni.
Da un punto di vista storico, possiamo pensare che la nascita stessa di queste due distinte polarità della psiche umana abbia avuto una lunghissima e faticosa gestazione prima di poter essere concettualizzata e definita in termini di conoscenza religiosa e filosofica all'interno della antica cultura greca. Il V secolo a.C. Rappresenta, come sappiamo, uno spartiacque nel mondo greco; la società delle polèis raggiunge in quel periodo un benessere ed una espressione artistica e culturale mai eguagliati in seguito, anche probabilmente sulla base di un equilibrio nelle dinamiche affettive profonde del gruppo sociale raggiunto grazie alla paritaria importanza riservata nel culto alle due divinità. La progressiva accentuazione della dimensione di alterità presente nel culto di Dioniso può essere messa in relazione con il progresso stesso della “civilizzazione” della società ateniese; le strutture socio-culturali, politiche e religiose vengono a costituire quelle conquiste della mente “apollinea” che relegano sempre più nell'ombra il dionisiaco, che finisce per identificarsi con il “rimosso”. In altri termini, le pulsioni incontrollabili, omicide e cannibaliche delle baccanti di Euripide mostrano il lato non illuminato del volto della raffinata società greca del periodo classico; volto che prima, e fino al periodo miceneo, era unico e indistinto nella sua connotazione “titanica”, caratterizzato cioè da una mentalità di tipo sacrificale, meno evoluta e ancora legata a schemi psicologici gruppali primitivi.
Sappiamo come, nei secoli successivi, la figura di Dioniso abbia ricevuto, attraverso le trasformazioni e le ibridazioni dovute alle contaminazioni con Roma pagana prima e col Cristianesimo poi – che dilagherà nell'Impero Romano dall'Editto di Costantino del 313 d.C. – una sempre maggiore rimozione ed una caratterizzazione sempre più identificata con il Male, l'osceno, il proibito. Fino ad incarnare l'Altro per eccellenza, il “diavolo”, la cui immagine di caprone cornuto ha quindi già da lungo tempo un copyright...
Quando Freud si calerà nei gironi dell'isteria fin de siècle la puzza di zolfo è ancora percettibile, ma il “furor uterinus” ha da un pezzo ormai sostituito l'antico furore delle baccanti. E la “talking cure” che la paziente Anna O. inventa con il suo terapeuta Freud sposta anche su un piano espressivo verbale il discorso “agito” del dionisiaco; la parola viene utilizzata nelle sue forme espressive più elementari e dirette così come nelle sue coloriture notturne, oniriche e allusive, in un flusso spontaneo di immagini, emozioni e pensieri.
E' la “libera associazione”, pietra angolare dell'edificio psicoanalitico, e in questo sforzo di dare forma attraverso la parola all'istintuale e al selvaggio, torna la tensione tra apollineo e dionisiaco: da un lato le parole solari e distinte, che si allacciano a concetti e significati prestabiliti per formare il campo del discorso dell'uomo con l'uomo; dall'altro le parole lunari e immaginali, che condensano cioè una immagine, una emozione, una sensazione, che sfuggono all'esigenza ordinatrice del Logos per esprimere il mondo 'Altro' dell'uomo a sé stesso. Parole appiattite dall'uso comune, consumate fino a perdere la loro anima, e parole gonfie il cui senso è nell'affetto privato che racchiudono. La parola vuota e la parola piena, direbbe Lacan...