mercoledì 7 gennaio 2009

Parole

La psicoanalisi si dice fondata sulla parola.
Singolare paradosso, poiché essa in realtà si confronta con il territorio silenzioso, sconosciuto e smisurato della Psiche, popolata di affetti e di immagini (“Hic sunt leones..”), ivi operando con essi quella necessaria commistione che rende possibile l'incontro di presente e passato. Potere del Logos, che immergendosi nelle acque oscure del caos primigenio, ne risorge trasformato, redento e redentore.

'Talking cure' la definì in modo naif ma efficace una delle prime pazienti di Freud, la giovane Anna O. degli 'Scritti sull'isteria'(1895), e non si potrebbe pensare a definizione più calzante ed intuitiva.
E in fondo cosa fece Freud di tanto originale ed innovativo se non costruire uno scenario ad hoc entro cui le parole, certe parole, potessero essere realmente pronunciate, ascoltate, osservate, scavate, infine custodite o finalmente dimenticate..?

Al di là delle teorie e delle ipotesi (fatte sempre di parole, ma sgrossate in forma di concetti levigati, più o meno scintillanti, transeunti, deperibili..) di cui la psicoanalisi si ciba, il metodo picoanalitico, cioè la parola detta, costituisce il fulcro della cura, la sua sacralità ineffabile.
La parola della psicoanalisi è una parola piena, pesante di affetto, di emozione, di storia, corpuscolo opaco che effonde intorno a sé un campo denso di significato, onda energetica che emana dal vissuto del pronunciante ed
investe e permea l'atmosfera della seduta.
Essa rifugge sempre il mondano 'pour parler' e rifrange gli sfavillii del contingente, imponendosi con la forza di una necessità, con l'autorità di una legge, con la persuasione di un'inevitabile scoperta.

E' la parola che disvela, ma anche quella che nasconde, che avvicina oppure allontana da ciò che contiene al suo interno, parola-anima che connette – compito sovrumano - desiderio e ragione, corpo e spirito.
E' la parola autentica, Verbo mistico che si fa carne nella tensione impossibile del ricordo e che riconduce all'esperienza ineffabile dell'Uno dove forma e sostanza si annullano. Ma è anche la parola assente, la parola mancante, il mai detto, mai saputo, o mai confessato. Vuoto creatore sorgente di tutte le forme (“Nomina nuda tenemus..”).

Parola che è diretta ad un altro, e ad un 'Altro',
presenza che il terapeuta evoca e impersona ogni volta per il tempo della seduta e quindi congeda restituendola all'Aldilà della memoria.
Parola-scambio che attesta la democratica reciprocità del dire adulto.

Parola-dono che segnala una avvenuta e intima designazione (“Tu, mio interlocutore, sarai l'unico depositario dei miei pensieri e delle mie parole..”).
Parola-schermo, dove invece l'intimità si ritrae (“Parole soltanto parole parole tra noi..”).
Parola finale che prepara al commiato, laddove il dicibile è stato pronunciato, e“..Tutto il resto è silenzio.”

F.Maddalena