venerdì 22 ottobre 2010

A teatro


La Figliastra (facendosi avanti al Capocomico, sorridente, lusingatrice)
Creda che siamo veramente sei personaggi,
signore,interessantissimi! Quantunque, sperduti.
Il Padre (scartandola)
Sì, sperduti, va bene!
Al Capocomico subito:
Nel senso, veda, che l'autore che ci creò, vivi, non volle poi, o non potè materialmente, metterci al mondo dell'arte. E fu un vero delitto, signore, perché chi ha la ventura di nascere personaggio vivo, può ridersi anche della morte. Non muore più! Morrà l'uomo, lo scrittore, strumento della creazione; la creatura non muore più! E per vivere eterna non ha neanche bisogno di straordinarie doti o di compiere prodigi. Chi era Sancho Panza? Chi era don Abbondio? Eppure vivono eterni, perché - vivi germi - ebbero la ventura di trovare una matrice feconda, una fantasia che li seppe allevare e nutrire, far vivere per l'eternità!
Il capocomico
Tutto questo va benissimo! Ma che cosa vogliono loro qua?
Il padre
Vogliamo vivere, signore!
Il capocomico (ironico)
Per l'eternità?
Il padre
No, signore: almeno per un momento, in loro.
Un attore
Oh, guarda, guarda!
La prima attrice
Vogliono vivere in noi!

(Tratto da : Sei personaggi in cerca di autore di Luigi Pirandello, a cura di C.Simioni, Oscar Mondadori)


Se volessimo rappresentare il funzionamento della psiche umana nel suo aspetto dinamico e interattivo, nel suo continuo relazionarsi ad oggetti interni ed esterni attraverso il lavorìo mentale del quotidiano - quella specie di brusìo di fondo che occupa gran parte del nostro pensiero cosciente - forse l'immagine più indicata sarebbe quella di un proscenio teatrale, dove su una scena allestita all'uopo si sta svolgendo un copione cui partecipano figure-personaggi diversi. Un teatro psichico dove si sta appunto 'rappresentando' un testo, in un perenne proporsi, farsi, decostruirsi e ricomporsi nel qui ed ora del momento vissuto.
La metafora teatrale si presta infatti particolarmente bene ad inquadrare icasticamente il discorso 'muto' ma inarrestabile della mente (pensiamo anche nel sonno: anzi lì pensiamo di più e, diremmo, a trecentosessanta gradi!) che si articola in un intimo dialogo a più voci, in una temporalità sottratta all'oggettivazione seriale delle ore (un tempo 'sospeso' in uno spazio virtuale e puramente allusivo, come quello appunto di una scena teatrale). A fornirle cioè quella cornice concettuale, quella messa in parentesi della realtà, entro cui poter fare emergere le sue sensazioni, le emozioni e la passione, le sue ferite, le sue contraddizioni insanabili, la sua follia.
Che il medium teatrale-scenico sia uno strumento privilegiato e naturale per esprimere in modo elettivo le passioni e i travagli dell'animo gli uomini devono averlo capito subito; tutte le culture umane hanno sentito l'esigenza di creare all'interno del loro ambiente vitale un 'luogo della rappresentazione'. Nei primi aggregati di tipo nomade questo luogo era lo scenario naturale stesso, di volta in volta ridefinito e circoscritto in uno spazio d'azione intorno ad un focolare, che potesse illuminare ciò che quei primi attori dell'umanità cercavano di comunicare ai loro simili. Poi vennero le prime antiche grandi città del medioriente e quindi le poleis greche, le urbs romane, con quegli splendidi gioielli architettonici, gli anfiteatri, che possiamo ancora oggi ammirare. La storia del teatro ci rende visibile la sua traiettoria attraverso epoche e culture fino ad oggi: generi teatrali in origine schematici e ripetitivi si sono nel tempo modificati, arricchiti, diversificati, seguendo la stessa evoluzione del pensiero e del costume umani. Fino ad arrivare – come sappiamo – al teatro moderno ed al cosiddetto teatro 'dell'assurdo', quel genere sorto a metà del secolo scorso, che riflette la trasformazione di una società, quella moderna, in cui sono elementi costitutivi la tragicità della condizione umana privata delle sue certezze, come l'inautenticità e la sostanziale incomunicabilità tra le persone.
Quella teatrale è dunque creazione artistica per eccellenza, se con ciò si intende la possibilità di esprimere la verità attraverso la finzione rappresentativa, che mette in scena, in una accezione pienamente 'democratica'; finzione che fa da tramite e da amplificazione per una pluralità di voci interiori che tendono a realizzare una maggiore pienezza espressiva e comunicativa.
Ma se quella teatrale è in fondo solo una finzione, la psiche ha bisogno di una tale finzione scenica per poter funzionare. Ha bisogno di creare una storia, di metterci delle figure, delle emozioni, di dare cioè un senso alle cose dentro e fuori di sé, di produrre quindi attraverso la sua stessa messa in scena il racconto di una ordinata e almeno verosimile, se non veritiera, successione di fatti. Così facendo ci si accosta abbastanza a quel nucleo di autenticità che muove tali esigenze espressive e rappresentazionali secondo una modalità catartica e liberatoria che restituisce all'individuo l'accesso alle radici profonde dell'esistere.
Se la psiche è per sua natura teatrale, ciò che accade in una psicoterapia non si sottrae ad una tale suggestione, laddove la scena è la stanza di analisi, il luogo deputato dagli autori-attori (paziente e terapeuta) e dai vari personaggi ed interpreti (dell'uno come dell'altro) ad incontrarsi in tante repliche successive (mai però uguali a se stesse, pena la conclusione delle rappresentazioni. Qui si recita infatti come fosse sempre una 'prima').
Le poche o tante parti rappresentate, i personaggi centrali e quelli secondari, le semplici comparse, quelli in ombra o rimossi (la cui mancanza però aleggia nell'aria), tutto questo viene messo in scena nella seduta. Gli attori fanno vivere (e talora ri-vivere) i loro molteplici personaggi ora nella commedia, ora nel dramma o nella tragedia, prestando attenzione affinchè ognuno di essi possa esprimere con la propria voce ciò che ha da dire, come anche ciò che non può essere detto a parole e solo vagamente percepito con un'emozione o una sensazione.
E' allora in questa funzione-finzione trasformatrice che gli elementi reietti o anche impensabili della nostra mente possono addivenire ad una forma, ad un primo abbozzo vitale che se adeguatamente sostenuto e nutrito potrà giungere ad una esistenza riconosciuta con consapevolezza.